NESSUN RISARCIMENTO SE L'OSTACOLO E' VISIBILI E CONOSCIUTO
L’automobilista distratto che finisce per urtare dei dissuasori mobili non segnalati non ha diritto al risarcimento del Comune ex art. 2041 Codice civile, qualora tali ostacoli fossero visibili e collocati in una piazza ben conosciuta dal danneggiato che vi ci parcheggiava abitualmente.
Questa l’opinione della Cassazione che, nell’ordinanza 12416 del 24 giugno 2020, ribadisce il proprio orientamento in punto.
Il caso
Nel parcheggiare il proprio veicolo nel parcheggio a sé riservato, un automobilista finiva per urtare dei dissuasori mobili posti all’interno di una piazza.
La vittima chiedeva il risarcimento dei danni al Comune, quale custode della piazza, evidenziando come gli ostacoli non fossero segnalati e fossero sprovvisti della dovuta autorizzazione amministrativa.
Il Comune respingeva ogni richiesta risarcitoria.
Il danneggiato si rivolgeva quindi al Giudice di Pace e al Tribunale, i quali tuttavia ritenevano corretta la posizione del Comune.
Secondo i Giudici infatti, la responsabilità per il sinistro era solo dello stesso danneggiato che aveva eseguito la manovra distrattamente.
Il danneggiato conosceva infatti il luogo del sinistro (vi parcheggiava abitualmente la vettura) e i dissuasori era perfettamente visibili, nonché posti in una zona “zebrata” dove le auto non potevano né circolare né sostare.
Per tali ragioni, gli ostacoli non erano pericolosi e l’automobilista avrebbe potuto evitare l’urto semplicemente adottando le normali cautele del caso.
I motivi della decisione
Il danneggiato promuoveva ricorso per cassazione, contestando le motivazioni di Giudice di Pace e Tribunale con sei distinti motivi.
In primo luogo, i Giudici avrebbero erroneamente ritenuto visibili i dissuasori, al contrario posti a pochi cm dalla linea di delimitazione del parcheggio.
Inoltre, il Comune sarebbe responsabile del sinistro per aver installato tali ostacoli senza prima ottenere l’autorizzazione amministrativa, profilo neppure considerato dai Giudici di primo e secondo grado.
Secondo la vittima, poi, il Tribunale non avrebbe tenuto conto del principio secondo cui la condotta della vittima che esclude la responsabilità del custode è solo quella che abbia i caratteri di eccezionalità, imprevedibilità e inevitabilità, assenti nel caso in questione.
Infine, il ricorrente evidenziava come anche una sua eventuale condotta negligente o distratta, non potrebbe escludere del tutto la responsabilità del custode.
La Cassazione ha ritenuto infondati tutti i motivi di ricorso, evidenziando che il Tribunale ha escluso la sussistenza del nesso causale sulla base di una valutazione fattuale fondata su due elementi: la visibilità dei dissuasori e la conoscenza dello stato dei luoghi da parte della vittima.
Secondo la Suprema Corte, il Tribunale ha fatto corretta applicazione del consolidato principio di diritto secondo cui, in tema di responsabilità per danni da cose in custodia, è necessario analizzare in concreto la condotta del danneggiato, valutandone l’incidenza nel sinistro.
Infatti, ogni qualvolta la situazione di pericolo è evitabile e prevedibileda parte della vittima adottando delle normali cautele in rapporto alle circostanze, bisognerà verificare se la condotta del danneggiato non sia tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra il fatto e l’evento dannoso.
Esattamente l’operazione compiuta dal Tribunale che, basandosi sugli elementi di fatto a disposizione, escludeva la sussistenza del nesso causale e addebitava ogni responsabilità all’automobilista.
La vittima conosceva infatti la piazza e i dissuasori erano visibili, ragion per cui il sinistro avveniva solamente per non aver adottato le dovute cautele nell’effettuare le manovre di parcheggio.
Infine, secondo la Cassazione, del tutto infondata era anche la doglianza circa l’assenza di autorizzazione amministrativa, in quanto profilo non conoscibile dall’utente e che non modifica la condotta di quest’ultimo.
Per tali ragioni la Suprema Corte rigettava il ricorso proposto.